Il tema della diagnosi precoce delle cardiopatie in ambito pre-natale, e anche della diagnosi post-natale, a nostro avviso è poco dibattuto e noto tra i genitori. Molte esperienze raccolte tra i nostri genitori, hanno evidenziato situazioni che sicuramente possono essere migliorate con una maggiore consapevolezza da parte delle famiglie stesse e dei medici. A quante gestanti, o mamme “conclamate” viene detto dagli specialisti che seguono la loro gravidanza o dai pediatri che l’incidenza delle cardiopatie congenite alla nascita è di circa 1 ogni 125 nati?
Risposta difficile da dare, ma noi genitori di bambini cardiopatici quando raccontiamo le nostre esperienze ad altri genitori e chiediamo se per caso hanno effettuato dei controlli mirati sulle cardiopatie, sono pochi quelli che annuiscono. La stessa esperienza si riscontra anche quando si pone la domanda a genitori di bambini infanti o adolescenti e questo colpisce in quanto le cronache raccontano spesso di casi (sia relativi a bambini che adulti) nei quali una mancata diagnosi cardiologica ha generato criticità.
Le cardiopatie congenite non si possono prevenire, ma a differenza del passato, la medicina oggi è in grado di affrontarle con ottimi risultati. E’ proprio per questo motivo che assume un importanza determinante nelle cure la diagnosi precoce che consente di offrire tempestivamente al neonato quanto necessario per ottimizzare il risultato dei trattamenti successivi e della chirurgia.
Non tutte le cardiopatie congenite hanno sintomi precisi ed identificabili con i controlli che un pediatra o un neonatologo eseguono di routine, pertanto solo un cardiologo pediatrico allenato al riconoscimento delle patologie (anche le più subdole) dei cuoricini potrà escluderle con sicurezza.
Ovviamente, non è nostra intenzione screditare i tanti professionisti del settore, ma semplicemente sensibilizzare maggiormente le famiglie sull’importanza della diagnostica precoce nella speranza di vedersi ridurre ancor più le casistiche negative che riguardano la cardiologia pediatrica.
Durante le gravidanze le mamme si sottopongono a diversi esami ed ecografie (e molto spesso anche ad ulteriori al di fuori dai protocolli sanitari obbligatori), per conoscere il sesso del feto, rassicurarsi sulla corretta formazione e crescita, a volte la forma del naso con le nuovissime tecnologie 3D. A quelle mamme vorremmo suggerire di avere, con la dovuta serenità, la stessa premura e attenzione anche sugli aspetti cardiologici, e di non interrompere i controlli dopo la nascita, o di iniziarne, in quanto uno screening post-natale è in grado di rilevare ancor più sulla salute dei cuori e del sistema circolatorio.
In questa sezione vorremmo condividere un documento che il Dott. Carlo Pace Napoleone, Direttore presso Cardiochirurgia Pediatrica presso l’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, ha redatto con una efficace semplicità e che gentilmente ha messo a disposizione della nostra associazione:
“DIAGNOSTICA PRENATALE DELLE CARDIOPATIE CONGENITE
Le cardiopatie congenite rappresentano il difetto d’organo più frequente alla nascita, circa lo 0,8% di tutti i nati vivi e il 20% di tutte le malformazioni congenite, e sono la principale causa di mortalità infantile da malformazione congenita. Più della metà dei bimbi portatori di cardiopatia congenita sono nati da madri senza alcun fattore di rischio conosciuto, e questo giustificherebbe una diagnosi prenatale accurata in tutte le gravidanze. Tuttavia, una diagnosi esatta viene ottenuta in meno del 40% dei casi che manifesteranno una cardiopatia congenita alla nascita, con oscillazioni variabili in rapporto alle organizzazioni locali.
L’indicazione ad eseguire una ecocardiografia prenatale può derivare da cause materne o fetali (linee guida della Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica).
La presenza di una sindrome genetica, la presenza di cardiopatie congenite nei genitori o in una precedente gravidanza, alcune infezioni virali contratte durante la gravidanza, malattie metaboliche quali il diabete mellito insulino-dipendente, la fenilchetonuria, malattie autoimmuni, o l’assunzione di farmaci potenzialmente teratogeni possono essere annoverati tra le indicazioni materne. Una precedente gravidanza che ha dato alla luce un bimbo portatore di cardiopatia congenita, aumenta di 4 volte l’incidenza di base (0,8/100) di queste malattie portando a circa il 4% la possibilità di una diagnosi di cardiopatia congenita. Esistono anche rari casi di famigliarità, nelle quali l’incidenza di cardiopatie congenite nell’ambito della famiglia è molto superiore a questi numeri.
L’ecocardiografia viene indicata anche se il feto è portatore di alterazioni cromosomiche diagnosticate con la villo- o l’amniocentesi, correlate a cardiopatie congenite in circa il 14 % dei casi, o quando un test di translucenza nucale sia risultato positivo. La presenza di altre malformazioni d’organo extra-cardiache, aritmie o scompenso cardiaco fetale, iposviluppo precoce (II trimestre) del feto possono nascondere una cardiopatia congenita, così come il sospetto diagnostico emerso in occasione di una ecografia ostetrica di screening effettuata di routine a 20 settimane di età gestazionale.
In questi casi, intorno alla 20esima settimana di gestazione, è consigliabile eseguire una ecocardiografia fetale da parte di un cardiologo pediatrico esperto presso un centro di II-III livello, senza ritardare i tempi. Questo esame assolutamente privo di rischio per il feto, consente di approfondire il livello diagnostico rispetto alla semplice ecografia di screening eseguita dal ginecologo. In questo modo vengono acquisite immagine bi- o tri dimensionali che, insieme all’analisi dei flussi ematici grazie alla tecnica eco-doppler, riescono a diagnosticare con una ottima sensibilità e specificità la presenza e il tipo di cardiopatia. Le diagnosi che possono sfuggire sono in genere quelle meno gravi, che incidono poco sulla qualità di vita del nascituro, che a volte addirittura guariscono spontaneamente, come alcuni divetti interventricolari muscolari, o che addirittura non sono ancora evidenti a causa della peculiarità della circolazione fetale, come difetti interatriali, pervietà del dotto di Botallo. Tra le nuove frontiere di diagnosi prenatale va ormai annoverata anche la Risonanza Magnetica Nucleare, che in casi selezionati promette delle possibilità diagnostiche di altissimo livello.
La diagnosi prenatale di una cardiopatia congenita rappresenta ovviamente un momento difficile per la coppia, demolendo le migliori aspettative e rovinando una delle esperienze più belle che sono a disposizione del genere umano. Un corretto counselling da parte del cardiologo pediatra e del cardiochirurgo pediatra però possono modificare sostanzialmente la percezione della malattia e possono essere la premessa per un adeguato supporto psicologico.
Oggi molti dei nostri piccoli possono essere curati, e spesso la cura esita nella “guarigione” completa, dove tutto rimane solo un brutto ricordo, spesso più dei genitori che del piccolo paziente. Ovviamente, per avere delle notizie corrette, una informazione chiara e comprensibile da chi tutti i giorni tratta queste malattie, e quindi conosce bene i risultati ed i problemi correlati a questa situazione, è indispensabile un adeguato counselling da parte di un cardiochirurgo pediatrico. Solo in questo modo è possibile raccogliere gli elementi per affrontare più serenamente un cammino sicuramente difficile oppure per decidere in maniera consapevole una interruzione della gravidanza, che può avvenire in questi casi entro la 24esima settimana. Inoltre, avere il tempo di maturare questa esperienza per il resto della durata della gestazione aiuta la famiglia ad affrontare i momenti più delicati al termine della gravidanza e subito dopo il parto. Ma aiuta in maniera evidente anche il nascituro. In questi casi infatti, il parto viene programmato in un ambiente adeguato alla gravità della cardiopatia. Le forme più semplici infatti non hanno bisogno di particolari attenzioni e il parto può essere eseguito anche presso un ospedale di zona, posticipando la valutazione cardiologica. Le gestanti di feti portatori di cardiopatie più gravi invece devono essere dirottate presso un centro di III livello, dotato di una Cardiologia e di una Cardiochirurgia Pediatrica che possa assistere immediatamente dopo la nascita il bimbo. E’ un momento critico, in quanto nel neonato si realizzano fisiologicamente alcune modifiche della circolazione rispetto a quella fetale che possono alterare l’equilibrio emodinamico stabilitosi in precedenza. Poter prevenire o trattare queste situazioni in tempi brevissimi, in ambienti attrezzati e con personale esperto, consente di ridurre in maniera importante la possibilità di eventi catastrofici. Viceversa, scoprire una cardiopatia grave subito dopo la nascita, in un centro non attrezzato, con personale non esperto, con la necessità di affrontare un trasporto presso un ospedale di riferimento in condizione di instabilità emodinamica, aumenta in maniera significativa il rischio.
Dopo la nascita è importante confermare la diagnosi prenatale, in quanto in alcuni casi è possibile una certa variabilità, sia in positivo che in negativo. Per fare questo, oltre l’ecocardiografia, si può ricorrere ad altre indagini di imaging come la Tomografia Assiale Computerizzata o la Risonanza Magnetica Nucleare, o a procedure più invasive come il Cateterismo Cardiaco. Quest’ultimo, in particolare, consente anche l’esecuzione di manovre interventistiche , quali la riapertura di una comunicazione interatriale, presente prima della nascita, ma chiusasi spontaneamente subito dopo e che in presenza di alcune cardiopatie, come ad esempio la trasposizione dei grandi vasi, è indispensabile per una buona ossigenazione.
Nelle cardiopatie più complesse si procede a stabilizzare l’emodinamica del bimbo, con una terapia adeguata alla specifica cardiopatia. In particolare nelle cardiopatie cosiddette “dotto-dipendenti”, grazie all’infusione di farmaci che ripristinano una circolazione simile a quella “fetale”, si consente al piccolo di arrivare in buone condizioni all’intervento chirurgico.
A questo punto si hanno tutti gli elementi diagnostici per pianificare il futuro terapeutico del bimbo, si hanno le risposte alla maggior parte delle domande della famiglia, si programma il trattamento farmacologico, cardiologico interventistico o cardiochirurgico adeguato.
In sostanza, una valutazione cardiologica prenatale va sempre eseguita se esistono fattori di rischio materni o fetali, o su indicazione dell’ostetrico che nota una possibile malformazione cardiaca, intorno alla 20esima settimana di gestazione, in modo da escludere una cardiopatia congenita. In caso contrario, dopo adeguato counselling da parte degli specialisti, si avranno gli elementi per scegliere se portare avanti o meno la gravidanza, con il supporto di un sostegno psicologico. E’ importante che, indipendentemente da chi ha eseguito l’ecocardiografia, le notizie relative alla possibilità di vita, alla qualità della vita, alla necessità di interventi chirurgici o di procedure interventistiche siano acquisite da un cardiologo e cardiochirurgo pediatrico, le figure più appropriate, per competenza, in grado di fornire una informazione adeguata e delle scelte così terribilmente difficili.
Dott. Carlo Pace Napoleone
Direttore SC Cardiochirurgia Pediatrica
Torino”